Pensioni, l’età si allunga: la manovra 2026 e l’effetto “Speranza di Vita”
Il dibattito sulle pensioni si arricchisce di nuove prospettive, e per i lavoratori l’orizzonte sembra, letteralmente, allontanarsi. Il meccanismo di adeguamento all’aspettativa di vita, pur con un impatto inizialmente “frenato” dal Governo, è pronto a riattivarsi, spingendo in avanti i requisiti per l’uscita dal lavoro.
Un mese in più nel 2027, tre mesi nel 2028
Secondo quanto contenuto nella bozza del Disegno di Legge della Manovra 2026, l’accesso alla pensione di vecchiaia o a quella anticipata diventerà gradualmente più difficile a partire dal 2027:
Dal 2027: sarà richiesto un mese in più di lavoro rispetto ai requisiti attuali.
Dal 2028: lo “scalino” si farà più ripido, con un aumento totale di tre mesi rispetto a oggi (un mese più due mesi aggiuntivi).
Questo significa che se oggi si va in pensione di vecchiaia a 67 anni, dal 2027 si andrà a 67 anni e un mese, e dal 2028 a 67 anni e tre mesi. La stessa logica si applica, ovviamente, ai requisiti contributivi necessari per la pensione anticipata (che oggi sono 42 anni e 10 mesi per gli uomini, e 41 anni e 10 mesi per le donne).
Il doppio colpo per i contributivi puri
La situazione si complica per i lavoratori più giovani, coloro che rientrano interamente nel sistema contributivo (avendo iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996). Per loro, l’adeguamento alla speranza di vita si applica sia all’età che ai contributi necessari per la cosiddetta pensione anticipata contributiva (oggi accessibile a 64 anni con 20 anni di contributi).
Esempio pratico
A gennaio 2027, non basteranno più 64 anni e 20 anni di contributi, ma si dovrà raggiungere un’età di 64 anni e un mese e aver versato contributi per 20 anni e un mese. Un doppio incremento che rende l’uscita dal lavoro ancora più complessa per questa fascia.
Un piccolo aumento per le minime, ma non subito
Nonostante il panorama previdenziale si faccia più austero, c’è una nota positiva per i pensionati in condizioni di disagio economico. A gennaio, tuttavia, non scatterà un aumento diretto del trattamento minimo INPS.
I 20 euro in più previsti dalla Manovra 2026 non vanno ad agire sulla pensione base, bensì sulla maggiorazione sociale (il vecchio “milione” delle lire) destinata ai soggetti in difficoltà. Questa misura segue l’aumento di 8 euro già introdotto con la Manovra 2025, confermando una tendenza a sostegno delle fasce più deboli.
In sostanza, il sistema previdenziale italiano continua a muoversi nel delicato equilibrio tra sostenibilità dei conti pubblici e longevità della popolazione, rendendo sempre più essenziale per i lavoratori una pianificazione previdenziale a lungo termine.






